materiali sulle arti a genova, 1960-2018





1967: AMBIENTE SPAZIALE NERO DI LUCIO FONTANA AL DEPOSITO
di Germano Beringheli



 

In una mostra alla Galleria del Deposito di Boccadasse
Lucio Fontana ha parlato il linguaggio di domani
L’«Ambiente spaziale nero» creato dall’artista è un invito alla «meditazione cosmica»
traducendo nel segno sulla materia le profondità infinite del tempo

Nell’arte contemporanea è in corso un aspro dibattito di idee: gli artisti stanno agendo sulla flagranza dei fatti; ricercano valori e verità.
Nuove tecniche – per una immagine che, bandito ogni estetismo, corrisponda alla dimensione del tempo, del panorama, contemporaneo – hanno sollecitato la rottura degli schemi organizzativi e strutturali del linguaggio espressivo.
Razionalità, scientifismo, l’integrarsi fantastico di natura e vita, ogni negazione del mito, sono le componenti caratteristiche dell’ideologia più avanzata dello sviluppo mentale dell’arte.
In pratica poi abbiamo le verifiche, i risultati. Che hanno mutato, intanto, la nozione di spazio, che hanno permesso alla pittura di dislocarne uno tutto suo, formale e plastico, che non è più quello da riempire o quello convenzionale messo a sostegno della rappresentazione.
È lo spazio-spazio che le ricerche visuali conoscono ormai come un processo attivo in cui si entra e si vive, del quale si respira il ritmo, si seguono gli sviluppi.
Ora si parla di spazio-ambiente e le più recenti mostre internazionali hanno già dato conto dell’ennesima evoluzione, ma noi sappiamo che «la ricerca di un nuovo spazio significativo attraverso l’evoluzione del mezzo tecnico-espressivo» fu annunciata da Lucio Fontana nel 1947 in un suo manifesto dato a Milano nel maggio, al suo ritorno dall’Argentina dove l’anno prima aveva redatto, con un gruppo di allievi, il «Manifesto Blanco», una esplosiva dichiarazione di aspirazione e desiderio di frantumare le tradizionali limitazioni dell’espressione.
Poi – fedele alla dichiarazione «Una espressione d’arte aerea di un minuto è come se durasse un millennio, nell’eternità. A tal fine, con le risorse della tecnica moderna faremo apparire nel cielo: forme artificiali, arcobaleni di meraviglia, scritte luminose» - ecco quell’acuta oggettualizzazione dello spazio che fu, nel febbraio del ’49 lo «ambiente spaziale con forme spaziali ed illuminazione a luce nera».
La storia di Fontana, da qui, è la storia delle tensioni dialettiche della ricerca contemporanea, è la scrittura figurale ridotta al suo «grado zero» di possibilità, all’estremo per una nuova radicale partenza. Un invito alla «meditazione cosmica», sempre contrappuntata da una tensione percepita nella immediatezza vibratile del sensibile.
Sempre una suggestiva operazione di purezza come quella a cui abbiamo assistito ieri mattina mentre Lucio Fontana stava procedendo a dar vita a quel suo «ambiente spaziale nero» che ha creato per la Galleria del Deposito a Boccadasse.
Un «happening» lirico, quello che si è svolto sotto i nostri occhi, una definizione elementare di spazio e ad un tempo la proiezione di uno spazio che ha le profondità infinite del tempo. Un invito all’occhio ed al recupero delle qualità essenziali del segno e della materia. Un grafito di piccoli segni che localizza, in una zona minima, tutte le convergenze delle progressioni spaziali.
Il principio strutturale del linguaggio di domani, una «Altamira» per le profondità del 2000.

 

 

Il Lavoro, 4 ottobre 1967.