materiali sulle arti a genova, 1960-2018





1979: L'INSTALLAZIONE URBANA DI JOSEPH KOSUTH A GENOVA
di Anna Costantini



 

ANNA COSTANTINI
“AZIONE PER LA LIBERTÀ DELL’ARTE”. INTERVENTI ARTISTICI EFFIMERI NEL CONTESTO URBANO (GENOVA, 1970-1985)

1. Premessa

La disciplina storico-artistica che si dedica al contemporaneo sta ormai da tempo facendo i conti con alcuni dei decenni che, da un punto di vista metodologico, più pesantemente spingono ad una riflessione preliminare sull’impiego delle fonti.
Infatti, la distanza temporale che ormai separa gli anni Sessanta e Settanta permette di affrontare in maniera scientificamente e documentariamente rigorosa la ricostruzione degli eventi che, fino ad oggi, sono stati esaminati spesso solo attraverso la lente dell’interpretazione coeva, quando non ricostruiti storicamente dai protagonisti stessi: un insieme di riferimenti senz’altri preziosi ma che oggi necessitano a loro volta di una riconsiderazione (1).
L’aspetto però più interessante del ripensamento delle fonti per l’arte contemporanea, risiede nella peculiarità stessa delle espressioni artistiche degli anni considerati, come è noto spesso non confinabili nella semplice lettura di un oggetto, di un’opera ma quasi sempre leggibili attraverso una serie di testimonianze e documenti tra i più differenziati (2): dall’elaborazione teorica della Conceptual Art, la cui prevalenza sull’opera è la caratteristica distintiva del movimento stesso, alla preminenza del testo/racconto (Narrative Art), alla necessità imprescindibile della fotografia, pur nella diversità delle funzioni assegnatele (Land Art, Body Art e ogni espressione a carattere di happening e performance), l’attività artistica degli anni Sessanta e Settanta nel suo complesso racchiude al suo interno un’estremizzazione del concetto di “documento” a cui fare riferimento per la comprensione dell’opera, fino al limite di poter affermare che il documento è l’opera stessa, con le numerose conseguenze concettuali e pratiche che possono derivare dall’assunto:
Does the document become the artwork after the performance has ended? Is it a commodity to be sold in a gallery? Or simply a record of what transpired? There is nothing left after live art but the documentation (3).
In particolare è la fotografia ad assumere un ruolo intrinsecamente legato all’opera d’arte, pure nella molteplicità e diversità delle espressioni e delle intenzioni che la determinano: si può affermare, con Jeff Wall, che:
across the horizon of performance art, earth art, Arte Povera and Conceptualism […] new methodologies of photographic practice are the strongest factor linking together the experimental forms of the period, which can seem so disparate and irreconciliable (4).
E ancora:
Photographs are crucial to the exposure (if not the making) of pratically every manifestation of conceptual-type art – Earthworks, process and narrative pieces, Body Art, etc. Their first function is, of course, documentation (5).
La fotografia diventa così strumento degli artisti stessi per la “messa in scena” della propria opera, diventando cioè il vero e proprio oggetto artistico, ma assume anche il ruolo di “prova documentaria”, quale unica testimonianza di azioni, performance, installazioni:
È necessario considerare il negativo come l’autentica prova, la testimonianza dell’esistenza dell’opera. I nomi dei fotografi che hanno fotografato lo Zodiaco di De Dominicis, il Percorso di Mattiacci, le zucche di Merz, l’intervento ci Calzolari nella villa di Milano e via dicendo, fanno parte della storia di queste opere. All’aumento della deperibilità materiale del lavoro corrisponde quindi un aumento della persistenza dell’immagine fotografica. La conseguenza ultima di questa nuova condizione è che, in un sistema già di per sé portato a credere sempre più nella riproduzione, la fotografia viene guardata come l’opera d’arte, cioè come se essa stessa fosse l’opera (6).
Il tema della fotografia di documentazione artistica rappresenta ovviamente un preciso ambito di studi (7).
Nel caso specifico la peculiarità degli avvenimenti che hanno caratterizzato le arti visive, soprattutto nel periodo che va dalla seconda metà degli anni Sessanta alla fine dei Settanta, in particolare il loro comune carattere di unicità e transitorietà temporali – «lavori deperibili per materiali o progressivi per quanto riguarda la durata» (8) – dà rilievo ed estremizza alcuni aspetti della sua funzione: per esempio la forte accentuazione dell’importanza del ruolo e del compito del fotografo, che diventa testimone attivo e partecipe e soprattutto colui che decide il modo in cui l’opera sarà recepita< - per sempre – dal pubblico (9).
Ricostruire la storia di questi eventi artistici, per lo più espressioni a carattere effimero programmaticamente destinate a non lasciare traccia “materiale” di sé, vuol dire quindi innanzitutto ripercorrere una storia per immagini, dove queste ultime sono intese quali «prove visive» (10) dell’accaduto.

2. La ricerca

Anche Genova, nel corso degli anni considerati, è stata teatro di alcuni eventi artistici, anche rilevanti, che rientrano in quella tipologia di espressione a carattere effimero – in particolare performance, happening e installazioni urbane – che, per caratteristica intrinseca, è destinata per lo più a non essere documentata.
Il reperimento della notizia di questi eventi e del materiale documentario – fotografico e non - relativo ad essi costituisce l’oggetto e l’intento scientifico di questa ricerca. Partendo principalmente dal documento fotografico, il materiale trovato, proveniente per lo più da archivi privati (11), viene ordinato e contestualizzato attraverso la parallela ricerca di testimonianze scritte, rintracciate per mezzo della semplice disamina della stampa periodica locale, della stampa specialistica a carattere nazionale e internazionale, ma anche grazie a quell’insieme di materiali – cataloghi opuscoli informativi, inviti di mostre. eccetera – che ormai costituiscono quella nuova tipologia delle fonti storico-artistiche che ha permesso e permetterà un maggior rigore della disciplina, soprattutto nell’ambito della storiografia artistica contemporanea

3. Esempio di scheda documentaria degli eventi

KOSUTH JOSEPH (Toledo, USA, 1945)
Autore fotografia: Nanda Lanfranco
Artista: Joseph Kosuth
Tipologia Evento: Installazione urbana
Data: settembre-ottobre 1979
Luogo: Genova, Piazza Caricamento (lato sud)




Descrizione: Affissione di cartellone stradale con testo scritto (“Si può considerare questo come uno spazio vuoto? Quello che qui ci si aspetta di vedere è parte del paesaggio abituale, eppure sembra che questo (segno) contenga una assenza. Nel suo vedersi come parte di ciò che vuole segnalare al di fuori di sé. Nel suo tentativo di trovare un posto nel mondo questo testo (segno, parole) potrebbe incominciare a descrivere se stesso (nel momento in cui viene letto) cosa questa che non sembrerebbe necessaria alche se prova la sua inevitabilità. Questo testo (segno, parole) non può trovare un suo posto, sembra appartenere a qualcosa di più ampio mentre il significato che gli viene dato è incapace di spiegarlo. Questo segno (testo, discorso) entra in rapporto con ciò che lo circonda. Comunque il modo in cui si pone come differente potrebbe costituire una critica alle maniere in cui si presenta come simile”) in spazio pubblicitario stradale pubblico in occasione della mostra personale “Joseph Kosuth, Text/Context (Genova)”, Samangallery, Genova 25 settembre-ottobre 1979.

Tipo di documentazione (con provenienza)
2 fotografie in bianco e nero, cm. 18 x 24
(Archivio Fondazione Germano Celant, Genova)




Autore fotografia: Nanda Lanfranco
Artista: Joseph Kosuth
Tipologia Evento: Installazione urbana
Data: settembre-ottobre 1979
Luogo: Genova, Ingresso Galleria Mazzini (lato Teatro Carlo Felice)

Descrizione: Affissione di cartellone stradale con testo scritto in spazio pubblicitario stradale pubblico in occasione della mostra personale “Joseph Kosuth, Text/Context (Genova)”, Samangallery, Genova 25 settembre-ottobre 1979.

Tipo di documentazione (con provenienza)
2 fotografie in bianco e nero, cm. 18 x 24
(Archivio Fondazione Germano Celant, Genova)





Autore fotografia: Nanda Lanfranco
Artista: Joseph Kosuth
Tipologia Evento: Installazione urbana
Data: settembre-ottobre 1979
Luogo: Genova, via Albaro, muro del Conservatorio di Musica “Nicolò Paganini”

Descrizione: Affissione di cartellone stradale con testo scritto in spazio pubblicitario stradale pubblico in occasione della mostra personale “Joseph Kosuth, Text/Context (Genova)”, Samangallery, Genova 25 settembre-ottobre 1979.

Tipo di documentazione (con provenienza)
2 fotografie in bianco e nero, cm. 18 x 24
1 fotografia dell’installazione, cm. 17 x 16
(Archivio Fondazione Germano Celant, Genova)

Bibliografia

- Joseph Kosuth, Text/Context: Seven Rermarks for You to Consider While Viewing/Reading This Exhibition, volantino stampato in occasione della mostra personale “Joseph Kosuth, Text/Context (New York)”, New York, Leo Castelli Gallery, 15 maggio – 15 giugno 1979. Ristampato in Joseph Kosuth, Art after Philosophy and After, Collected Writings, 1966-1990, a cura di Gabriele Guercio, Cambridge Mass./London The MIT Press 1991, pp. 179-182, ill. n. 27. Trad. Italiana in “Joseph Kosuth”, Saman Notiziario informativo della Samangallery, a cura di Ida Gianelli, Genova, 20 dicembre 1979.
- “Joseph Kosuth. Samangallery/Genova”, Flash Art, n. 96-97, Milano, aprile -maggio 1980, p. 48.
- Exchange of meaning: Translation in the Work of Joseph Kosuth, catalogo della mostra, Antwerpen, MUHKA, Museum van Hedendaagse Kunst, 19989, 2000, p. 148.
- Joseph Kosuth: Guests and Foreigners: The Years of Isolation, catalogo della mostra, Chiba, Chiba City Museum od Art, 1999, p. 93.

Note:

«Testo/Contesto. L’intenzione di questo lavoro è quella di fare/mostrare che la natura di questa attività (“produrre significato”) è un aspetto contingente e contestuale di un processo culturale (di cui l’arte è un esempio concreto). Il lavoro consiste in due parti: la prima, “esterna” consiste di insegne situate in uno spazio pubblico, che normalmente viene riservato per la pubblicità. La materialità dell’ideologia (come linguaggio, come arte) può vedersi concretizzata come forme specifiche strumentali quando il soggetto viene collocato in relazione a un discorso che è simultaneamente fisso e contingente. Il suggerimento di un soggetto dietro all’insegna (attraverso l’uso di significati che dipendono dal contesto>) forza dell’”orizzonte naturale” che l’autorità (istituzionale e corporativa) del discorso pubblico costruisce e mantiene. Quel discorso assume un certo soggetto come supporto per la produzione di significati particolari “fissi”. La problematicità di un “soggetto dietro all’insegna” è il rendere visibile il tessuto ideologico del discorso: il lettore, come soggetto, è assunto come “costruito” in relazione a quel discorso. Quello che si presuppone è un soggetto che non solo precede il lettore specifico come soggetto, ma è assunto e sperimentato dal lettore come consistente e (più) intellegibile. La domanda su cosa “significa” si fa critica per via della tensione tra il significato assunto progettato dal soggetto dietro al testo e il significato attuale e istituzionalizzato che l’autorità dell’insegna progetta come mezzo di comunicazione. Ma questa tensione rende visibile il materiale della forma culturale (come linguaggio, come ideologia) mentre rompe il paesaggio “naturale” di segni simili. La seconda fase del lavoro, quella “interna”, riguarda un significato che si genera all’interno del contesto dell’arte. Questo lavoro consiste di “frammenti”. Il significato del frammento, come il testo di cui è un frammento, è contingente e parziale. Il “testo completo” è sulla strada per un breve periodo, general mente un mese. Le memorie, così come le fotografie, naturalmente restano. I frammenti apparentemente senza significato (il frammento è la sola maniera di impadronirsi di questo lavoro) ricevono il loro significato dal mercato dell’arte attraverso i loro collegamenti ai contesti sociali e culturali che sono esterni al frammento. La frammentazione individuale è un tentativo di riconoscere l’eclisse di un dato contesto di significato; questa “cancellatura” deliberata non è altro che una nuova faccia di un atto che include il ri-collocamento (o una tentativa [sic] riaffermazione) del significato conferito dal mercato. La relazione tra parte e tutto è in questo caso un congegno che descrive sia l’organizzazione interna che quella esterna».
J. Kosuth in “Joseph Kosuth”, Saman. Notiziario informativo della Samangallery, a cura di Ida Gianelli, Genova, 20 dicembre 1979 (s.i.p.)

Questo contributo prende il titolo dalla ricerca che costituirà la tesi di Specializzazione in Storia dell’Arte, indirizzo contemporaneo, relatore Professor Franco Sborgi.

1) Una delle prime iniziative editoriali, in Italia, che si sono proposte di raccogliere, praticamente sul nascere, i documenti e le testimonianze dirette degli artisti e dei teorici dell’arte italiana contemporanea è il volume di Tristan Sauvage (Arturo Schwarz), Pittura italiana del dopoguerra (1945-1957), Milano 1957 e, dello stesso autore ed editore, la raccolta di materiali sull’Arte Nucleare (Tristan Sauvage, Arte nucleare, 1951-1961, Milano, Galleria Schwarz, 1962). Pionieristica anche l’opera, curata da Maria Drudi Gambillo e Teresa Fiori, Archivi del Futurismo, Roma 1958 (vol. I), 1962 (vol. II). A questo stesso spirito di documentazione diretta si rifà, per esempio, la pubblicazione a cura di M. DALAI EMILIANI, Ricerche visuali dopo il 1945. Documenti e testimonianze, Milano, 1978, risultato di attività didattica e quindi di una stretta e fattiva collaborazione con gli studenti. Esempio invece di una ricostruzione storica nata all’interno della teorizzazione “militante” del movimento è la serie di pubblicazioni dedicate, già dalla seconda metà degli anni Settanta, da Germano Celant all’Arte Povera (cfr. ad esempio, G. CELANT, Precronistoria 1966-69, Firenze 1976; Arte Povera, History and Protagonists, Milano 1985). Al 1990 risale l’inizio della pubblicazione, in più volumi, della Storia moderna dell’arte in Italia, Torino, vol. III, tomo I, 1990; tomo II, 1992; vol. I, 1998, di P. BAROCCHI che, come è scritto nel risvolto di copertina «mette in ordine, commenta, raccorda tra loro gli scritti d’arte che accompagnano la produzione di pittori, scultori, architetti, che ne discutono opere e azioni, che polemizzano o motivano scelte culturali». Si vedano anche la sezione dedicata ai “Materiali 1946-1986” in G. CELANT, L’inferno dell’arte italiana, Genova 1990 e specificatamente per i rapporti tra arte italiana e arte statunitense tra il 1948 e il 1964, G. CELANT, A. COSTANTINI, Rome-New York, catalogo della mostra, New York – Milano, The Murray and Isabella Rayburn Foundation-Charta, 1993. Pochi ancora gli strumenti a disposizione degli studiosi per questo ambito di ricerca: tra questi l’AdAC, Archivio d’Arte Contemporanea, Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Arti e Spettacolo, Sezione Arte, Genova (cfr. www.diras.unige.it/adac/).
2) Per una ricostruzione del processo di smaterializzazione dell’opera d’arte iniziato nella seconda metà degli anni Sessanta cfr. L. Lippard, Six Years. The Dematerialization of the Art Object from 1966 to 1972, New York-Washington, 1973. Più specificatamente, a proposito dell’arte concettuale, Seth Siegelaub dichiara: «When Art does not any longer depend upon its physical presence, when it becomes an abstraction, it is not distorted and altered by its reproduction in books. It becomes PRIMARY information, while the reproduction of conventional art in books and catalogues is necessarily (distorted) “SECONDARY” information. When information is PRIMARY, the catalogue can become the exhibition». In Ursula Meyer, Conceptual Art, New York, 1972, p. XIV.
3) L. ZELEVANSKY, Is There Life After Performance?, “Flash Art International”, n. 105, Milano, dicembre 1981-gennaio 1982, p. 39.
4) J. WALL, Marks of Indifference. Aspects of Photography in, or as, Conceptual Art, in A. GOLDSTEIN, A. RORIMER, Reconsidering the Object of Art: 1965-1975, catalogo della mostra, Los Angeles, The Museum of Contemporary Art/Cambridge Mass./London 1955, p. 254.
5) N. FOOTE, The Anti-Photographers, “Artforum”, a. XV, n. 1, New York, settembre 1976, p. 46.
6) W. GUADAGNINI, Il fotografo e l’opera, in Fotografi ed eventi artistici in Italia dal ’60 all’ ’80, catalogo della mostra, Modena 1988, pp. 10-11. La mostra curata da Guadagnini rappresenta uno dei primi tentativi di riflessione sul tema. In particolare ha messo in luce l’attività di fotografi italiani quali Claudio Abate, Mimmo Capone, Giorgio Colombo, Mimmo Jodice, Uliano Lucas, Ugo Mulas, Paolo Mussat Sartor, Paolo Pellion di Persano. All’epoca e anche a causa della sua precoce scomparsa, solo l’attività di Mulas era già stata storicamente indagata, mentre di Mussat Sartor si era già evidenziata la sua partecipazione in prima persona alla vicenda dell’Arte povera nel volume Paolo Mussat Sartor Fotografo. Arte e artisti in Italia 1968-1978, Torino 1979. Non inserito nella rassegna di Modena, forse perché già trasferito negli Stati Uniti, è Gianfranco Gorgoni, di cui sono internazionalmente note le immagini legate alle opere di Land Art, movimento vissuto in prima persona e a stretto contatto con gli artisti. Per Gorgoni cfr. La nuova Avanguardia. Introduzione all’arte degli anni Settanta, testo di G. MULLER, Venezia 1972, e Beyond the Canvas. Artists of the Seventies and the Eighties, testo di L. CASTELLI, New York 1985.
7) Cfr., ad esempio, E. SPALLETTI, La documentazione figurativa dell’opera d’arte, la critica e l’editoria nell’epoca moderna (1750-1930), in Storia dell’arte italiana. Materiali e problemi (parte prima), vol. II, L’artista e il pubblico, Torino 1979, in particolare pp. 454-482.
8) A. BONITO OLIVA, Prefazione, in Paolo Mussat Sartor …, op. cit. p. 7.
9) «The use of camera to record an art event automatically relates to its use in advertisements, newspapers and other aspect of daily life. Intrinsecally, the implications of photo-documentation are political and social as well as personal». L Zelevansky, Is There Life …, op. cit., p. 38.
10) Cfr. P. BURKE, Testimoni oculari. Il significato storico delle immagini, Roma 2002. Il riferimento è alla storiografia, artistica e non, che considera fondamentale per la propria pratica metodologica, il valore documentario delle immagini. Non si può ovviamente prescindere dal fondamentale contributo di Francis Haskell, Le immagini della storia. L’arte e l’interpretazione del passato, Torino 1997.
11) In particolare, Archivio Fondazione Germano Celant, Genova e Archivio Nanda Lanfranco, Pieve Ligure. Tra le istituzioni pubbliche è stato consultato il già citato AdAC, Archivio d’Arte Contemporanea, Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Arti e Spettacolo, Sezione Arte, Genova.

 

 

dal Quaderno della Scuola di specializzazione in Storia dell'Arte dell'Università di Genova, 1998-2003,
Stampa Microart's, Recco 2004