materiali sulle arti a genova, 1960-2018





1963: MARCATRÈ, LA TAVOLATA E IL FUMOIR
di Eugenio Battisti


Il Marcatrè nasce con un programma assai modesto ed elastico, d'informazione. Anni fa si parlava della coincidenza di critica e di storia, cioè della necessità di storicizzare un giudizio prima di pronunziarlo; oggi il problema pare proporsi in termini quantitativi: come necessità di sospendere ogni affermazione e giudizio prima di aver raggiunto un grado di conoscenze estensive e comparato attorno ai fatti che si vogliono esaminare.
Ciò vale sia per il passato, che per la cronaca contemporanea. Quello che unisce i redattori ed i collaboratori del Marcatrè, è appunto la consapevolezza di questo bisogno, e l'abitudine diretta alla ricerca filologica e storica. A nessuno di essi, anche se militano nell'avanguardia letteraria, o musicale, o architettonica, manca infatti la conoscenza specializzata d'un grande «momento» antico; anzi con lo stesso team si potrebbe, volendo, realizzare una storia globale della cultura europea dal tardo antico ad oggi.
Ma perchè degli storici. come quasi tutti siamo - e per di più ben consapevoli che già agendo sulla interpretazione storiografica del passato si può operare in modo determinante e duraturo sul presente - si sono orientati verso una rivista informativa, che vorrebbe giungere a dare notizie tempestive e minute, non solo di utilità, ma addirittura di uso comune (come l'elenco di mostre o di manifestazioni incrociabili in un rapido viaggio)?
La risposta viene dal fatto che il Marcatrè nasce come una rivista genovese, quindi con una situazione specifica d'ambiente. La Liguria, tutti lamentano, è tagliata fuori dalle linee di circolazione culturale; poco vi accade e quasi sempre senza trovar sufficiente risonanza in campo nazionale. Ciò purtroppo è vero per tutte le regioni italiane (anche se queste, momentaneamente, attraverso manifestazioni vistose, salgono alla ribalta), perfino per famosissimi centri come Venezia, dall'autunno alla primavera. E lo stesso vale, per quanto sembri paradossale, per Milano e per Roma, che costituiscono delle isole troppo poco intercomunicanti, ove la vita culturale si svolge oltre tutto su piani nettamente diversi.
Il problema dell’informazione sussiste: lo si è visto, anche recentemente, dalle tempestose conseguenze delle prime grandi mostre che hanno adunato gli artisti di «dopo» oppure di «oltre» l'informale; lo si constata dallo choc che provano letterati, pittori, architetti quando si trovano per la prima volta a contatto con la nuova musica; dalle assillanti richieste di notizie che ciascuno di noi ha, a livello sociale assai vario, dopo la partecipazione ad un convegno o ad una manifestazione di gruppo. Altra prova è il fatto stesso che chi è informato o invitato ad un congresso, finisce per entrare in una specie di massoneria che inevitabilmente esclude gli estranei.
L'informazione è, spesso, un privilegio. Certo, sono molti i giornali, i periodici, che informano. Ogni manifestazione importante si vale di una rete di pubblicità e di divulgazione. Ma ciò andava bene ai tempi in cui un congresso era costituito da eleganti discorsi, già pronti per la stampa, o una mostra sanciva un giudizio; oggi si va in un posto, anche remoto, per incontrare degli amici, e discutere, sia in seduta che a tavolino idee comuni; si va ad una riunione per controbattere il giudizio degli ordinatori, e scommettere sopra il futuro. C'è insomma un lato di compartecipazione, di dialettica e di socialità che si sta facendo sempre più prevalente; non si vuole assistere - ma agire sulla situazione di oggi. Purtroppo nella provincia italiana, la massa è tagliata fuori da questo diritto a foggiare, secondo le proprie inclinazioni, il gusto, la cultura dei nostri tempi. Esistono inoltre limiti personali, e di specializzazione: per cui l'architetto e il musicista, per fare un esempio, hanno ben rare possibilità d'incontrarsi.
Il Marcatrè vuol essere un po’ la tavolata dei congressi, o il fumoir del teatro (ma non certo il salotto letterario, dove tutto giunge di seconda mano, e adulterato). Vuol essere pettegolo, curioso, paradossale, Istintivo, mutevole. E poiché, data la sua mensilità, è una risposta quasi immediata a ciò che accade, vuol suggerire problemi, più che risolverli, mira cioè a rispettare quella complessità che è caratteristica, sempre, di una cultura in movimento. E che deve avere la sua contropartita nell’immediata discussione pubblica, anzi - non ci si dovrebbe vergognare di dire -- nella divulgazione.

 

 

Da Marcatrè n. 1, Genova, novembre 1963