materiali sulle arti a genova, 1960-2018





LETTERA A MARIA CERNUSCHI GHIRINGHELLI
(in occasione della mostra della sua collezione al Museo di Villa Croce)

 

Gentile Signora,
che piacere e quale sorpresa vedere qui da noi la sua celebre raccolta! Sogguardare, forse, più che realmente osservare, tanta era la folla che gremiva oggi le sale di Villa Croce, fedele infine alla lapide che reca murata all’ingresso.
Certo, scrivendone non farò che ripetere luoghi comuni. La qualità straordinaria dei suoi piccoli Licini (vale la pena di menzionarli tutti, con le date: “Scherzo”, “L’incostante”, “Ritmo” del 1933; “Mulino a vento” del 1935), la vicenda dell’astrattismo italiano da Soldati Ghiringhelli Magnelli Radice Bogliardi a Bruno Munari, all’”innocenza artistica” di Bice Lazzari. I lavori di maestri stranieri mal conosciuti, come Jean Leppien e Louis-Arthur Tutundjan, singolare figura in bilico fra Abstraction-Création e la figurazione surrealista. La presenza di uno fra i miei miti, Pavel Andreevic Mansurov, fondatore negli anni ’20 – con Tatlin, Malevic e Filonov – dell’INHUK di Leningrado, dove curò fondamentali corsi sulle “ragioni organiche dei fenomeni artistici”, amico dei Delaunay, sedotto anch’egli dalla sirena del Surrealismo e poi tornato ad una misurata rivisitazione dei suoi temi d’antan, scomparso a Nizza, all’Hôpital Pasteur esattamente due anni fa.
E, al di là di questo, la presenza di artisti che – pur senza incrinare la coerenza della raccolta – rappresentano uscite di sicurezza da un astrattismo fattosi col tempo forse eccessivamente ragionato, convenzionale (penso soprattutto a Lohse, Graeser, Mattes, Megert) meno acceso di fuochi lirici rispetto agli esordi (troppo Bach, per parafrasare Carlo Belli), privo, in qualche modo, di quella “sottile punta d’irrazionalismo” che, come notava Maurizio Fagiolo Dall’Arco, caratterizza i lavori di Fontana e di Melotti, espressione di quel “volo verso lo sconfinato e il soprannaturale” che Licini era consapevole di compiere.
Galliano Mazzon, con le sue tempere di precoce impianto informale; Vincenzo Agnetti e Piero Manzoni (con uno dei suoi “achromes”) in transito verso il concettuale; Valentino Vago, esploratore delle risonanze del tratto; Andrea Crosa, presente con un’opera visibilmente inclinata, attraverso il debordare dei segni, verso un’oggettualizzazione di larvata matrice pop.
Quest’ultima nota mi fa sovvenire di un’altra cosa importante di cui dobbiamo esserle grati: l’attenzione costante dedicata agli artisti liguri, che nel contesto di scelte internazionali di grande livello rivelano – a dispetto delle opinioni correnti altrove – qualità a statura per niente provinciali.
E se ho preso le mosse da uno dei più giovani non è stato per sottacere i meriti dei maggiori, già ampiamente indagati: Italo Primi, Rocco Borella, Attilio Carreri, Arnaldo Esposto, Gianfranco Zappettini. O di Cesi Amoretti (autrice di scansioni lievi e penetranti), di Franco Bruzzone, di Luciano Fiannacca. Non senza qualche autentica sorpresa, come Armand Avril e Anselmo Legnani.
L’esposizione dei suoi quadri, la sospirata apertura di Villa Croce riconciliano con l’attività del Comune nel campo delle arti visive, in generale sinora, pur se con qualche eccezione, dignitosa, ma priva di “acuti” e di verve.
Vedo però che sto divagando e mi arresto. Mi perdoni l’ardire. A darmelo è stata probabilmente l’idea che di Lei mi sono fatta conoscendo i suoi quadri ed un moto spontaneo di simpatia.
Di nuovo La ringrazio. Mi creda suo
Sandro Ricaldone
Genova, 2 febbraio 1985

Immagine: 1930-1980 Astrattismo in Italia nella collezione Cernuschi Ghiringhelli, catalogo della mostra, Electa, Milano 1985.

 

 

(da Creativa 3, gennaio-febbraio 1985)