materiali sulle arti a genova, 1960-2018





PITTURA, Palazzo Ducale, 29 aprile - 12 maggio 1975



ANNI '70: NUOVA PITTURA A GENOVA
di Sandro Ricaldone


Tappa basilare, oltre che per la piena affermazione delle ricerche nel campo dei nuovi media (fotografia e video) e della corrente impegnata su temi antropologici, Documenta 6 costituisce un punto d’arrivo anche per il percorso di una nuova costellazione di artisti, le cui pratiche – ispirate ad un riduzionismo linguistico talvolta connotato da declinazioni lirico-emotive ma più spesso legato ad intenti riflessivi, centrati sull’investigazione del processo pittorico - sono passate sotto denominazioni diverse: nuova pittura, pittura-pittura, fundamental painting, geplante malerei, analytische malerei, abstraction analytique ecc..
Anche in quest’ambito, che - in parallelo con analoghe tendenze statunitensi, cui già s’è accennato - coinvolge essenzialmente Germania, Francia ed Italia, artisti e gallerie genovesi hanno rivestito un ruolo di rilievo, senza sottacere l’importanza dei rapporti stabiliti con Winfred Gaul nel corso del suo protratto soggiorno genovese.
Sotto il profilo della creazione artistica è Gianfranco Zappettini a tenere un ruolo trainante, con un’elaborazione che da un modulo compositivo fondato su impianti geometrici e minimi gradienti cromatici passa all’“anonimità e inespressività” dei movimenti, addizionati l’uno all’altro in “una catena di passaggi successivi che assumono la loro funzione necessaria nella logica del fare” secondo un processo di progressiva rarefazione del segno che si spinge sino all’azzeramento. Enzo Cacciola, muovendo dall’astrazione geometrica, passa in quegli anni a stesure di un materiale povero e privo di risonanze estetiche come il cemento, fissato sulla tela con l’impiego di colle e gelatine industriali. Silvia Rizzo, dopo aver lavorato “sulla nozione di traccia e impronta della mano sulla tela”, propone teloni da camion come oggetti pittorici.
Quanto alle gallerie è La Polena, sulla scia del lavoro intrapreso nel decennio precedente, a mettere a fuoco la nuova situazione, ospitando nell’ottobre 1973 la seconda uscita di Tempi di percezione. Viene però dalla Bertesca l’intervento più articolato. Ne segnano l’avvio nel 1974 alcune personali (di Isnard, Griffa, Dolla, Rizzo) mentre nella sede milanese della galleria si tiene la collettiva Grado zero. Nel 1975 la galleria promuove la rassegna Pittura che riunisce nella sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale autori italiani (Camoni, Cotani, Griffa, Morales con i genovesi Cacciola, Rizzo e Zappettini), francesi (Dolla e Viallat, già membri di Supports-Surfaces; Isnard già membro del Groupe 70 di Nizza) e tedeschi (Erben e Paatz) palesando una strategia internazionale che si completa con l’allestimento nella nuova sede di Via Gavotti della mostra American Abstract Painting in cui figurano maestri della Post Painterly Abstraction come Held, Noland, Olitski, Poons, e la proposta nella sede di Düsseldorf dell’ambiziosa rassegna intitolata Analitysche Malerei , introdotta da due fra i critici più impegnati su questo fronte: il tedesco Klaus Honnef che l’anno precedente aveva curato per la Westphalischer Kunstverein di Münster l’importante rassegna Geplante Malerei e Catherine Millet, direttrice di Art Press. Su questa linea La Bertesca continua ad operare negli anni successivi (personali di Cotani, Battaglia, Pinelli, Devade) portando a Genova anche i Grauen, i quadri grigi di Gerhard Richter, mentre Samangallery espone, dopo Buren, un altro membro del gruppo BMPT, Niele Toroni, con le sue impronte di pennello n. 50 ripetute ad intervalli regolari di 30 centimetri. Nel ‘77 Zappettini e Cacciola approdano a Documenta, insieme a Claudio Olivieri e a Lucio Pozzi, presenti in quel periodo alla Galleriaforma.
In area pittorica, maturano frattanto a Genova altre esperienze. Attorno alla metà degli anni ’70 Renata Boero recupera impianti e procedimenti di certa nuova pittura in un orizzonte espressivo e dichiaratamente “metamorfico”. Sul finire del decennio Giuliano Menegon libera progressivamente il segno calligrafico dall’assillo di un’impaginazione rigorosa (che nella “quadrettatura” conserva la memoria dei procedimenti analitici) per collocare le sue “trascrizioni” da Pound, Rilke, Montale in atmosfere vibranti d’intensità emotive. In Walter Di Giusto, dopo l’iniziale fase iperrealista ed un momento analitico concentrato “sull’ambiguo discrimine tra riproduzione meccanica – fotografia – e disegno manuale”, si riaffacciano elementi di figurazione, sotto il cui segno si apriranno gli anni ‘80.

 

 

Da Attraversare Genovacatalogo della mostra a cura di Sandra Solimano - Museo di Villa Croce, 29 ottobre 2003 - 1 febbraio 2004